Negli anni successivi emerse la necessità di dotare l’archivio di una copia microfilmata delle carte, per facilitare le consultazioni da parte degli studiosi. Particolarmente interessato alla microfilmatura è l’Archivio di stato di Lucca: in una vivace relazione inviata alla Soprintendenza, dopo una sua visita compiuta il 26 e il 27 novembre 1964, lo stesso direttore dell’Archivio, Domenico Corsi, ricorda come le difficoltà logistiche abbiano “fatto sì che da parte degli studiosi della poesia pascoliana spesso siano state indirizzate lamentele all’Amministrazione comunale”. Già l’amministrazione aveva vagliato positivamente l’ipotesi di una microfilmatura. Aggiungeva Corsi: “dando all’Archivio di Stato il microfilm negativo (…) la consultazione del materiale documentario sarebbe di gran lunga facilitata agli studiosi liberati dai disagi di un lungo viaggio”; del resto “l’ordinamento dato a tutte le carte dal prof. Donadoni è sufficiente per la riproduzione microfotografica”.
L’Archivio di Stato di Lucca, nella convinzione che la riproduzione avrebbe presentato le stesse, superabili difficoltà delle altre riproduzioni d’archivio, era pronta “ad assumersi anche questo non lieve compito, con il consenso, s’intende, della superiore Direzione Generale degli Archivi di Stato”. Ma la situazione per alcuni anni non si sbloccò, anche per le resistenze del Comune di Barga a far trasportare le carte a Lucca, sia pur provvisoriamente (una nota del Ministero dell’Interno – Direzione generale degli archivi di Stato, datata 26 febbraio 1966, definiva “premessa indispensabile” il temporaneo deposito delle carte a Lucca).
Nel 1969, finalmente, il consenso dell’amministrazione comunale è acquisito (per quanto essa “non appaia eccessivamente entusiasta”, notava garbatamente Giulio Prunai, Soprintendente archivistico per la Toscana, in data 22 dicembre 1969). L’Archivio di Stato di Lucca, in accordo con Maria Ghirlanda, conservatrice di casa ed archivio, propose che si iniziasse la microfilmatura dai manoscritti pascoliani più richiesti, a partire dalla cassetta segnata col n. 50. Questa, però, dal novembre 1967, era a Firenze, presso la Biblioteca Laurenziana, a disposizione dell’Accademia della Crusca. Dietro queste difficoltà, almeno secondo il Soprintendente Prunai, c’era una rivalità tra la Ghirlanda e Semerano: “non ritengo che, per aiutare la Ghirlanda a fare un dispetto a Semerano, si debba fare un dispetto a Devoto e ai vari Cruscanti”, per cui Prunai preferiva che si iniziasse dalla prima scatola “tanto più che, andando a sottilizzare, (…) il materiale rientra più nella sfera di competenza della Soprintendenza bibliografica che in quella nostra”.
Ma il lavoro iniziò nel dicembre 1970 proprio dai manoscritti, compresi quelli della scatola 50, che fu la prima ad essere ritirata dopo essere stata riportata da Firenze a Barga. Semerano cedette, ma protestò contro l’intromissione della Direzione generale degli archivi, “non costituendo” – a suo dire – “il materiale pascoliano una raccolta archivistica neppure in senso lato, in quanto si tratta di fondi letterari appartenenti alla biblioteca privata del poeta” (lettera del 2 marzo 1970).
Dopo alcuni indugi (sempre Semerano propose che il lavoro fosse fatto a Barga e non a Lucca, manifestando il timore che si verificassero dispersioni per la presenza di fogli sciolti “e frustoli vari”) l’intervento ebbe avvio, previo trasporto di un piccolo nucleo di cassette da Barga a Lucca. Il lavoro procedette lentamente ma continuativamente, con l’ausilio del conservatore della casa museo Gianluigi Ruggio: nell’aprile 1973 erano state microfilmate le cassette dei manoscritti (da 50 ad 84) e quelle da 1 a 16, contenente una prima parte del carteggio familiare ed altre tipologie documentarie. La microfilmatura comportò anche una nuova numerazione delle carte contenute nei plichi, eseguita con criteri non sempre uniformi.
Negli anni successivi di particolare rilievo fu l’acquisizione di 23 lettere di Pascoli a Pilade Mascelli, datate tra il 1887 e il 1895.
Per molti anni l’archivio rimase comunque a disposizione degli studiosi che lo consultarono utilizzando l’inventario Donadoni, pur con tutti i limiti che caratterizzavano tale strumento.