Il progetto di una biografia pascoliana ad opera della sorella Maria risale a tempi lontani, se l’investitura da parte del poeta è databile al 1902 (“La mia biografia la farà Mariù”, scriveva Pascoli in una lettera ad Angelo Ottolini di quell’anno). È indubbio che i lavori, per quanto a livello embrionale, fossero concretamente iniziati quando il poeta era ancora in vita, e certo è che insieme i due fratelli dovevano aver concertato a quali aspetti esistenziali dare risalto e quali invece lasciare in ombra o addirittura tacere, per non dire mistificare. Nessuna meraviglia, se la biografia doveva servire a consegnare alla posterità il ritratto definitivo e monumentale, agiografico e apologetico, di Pascoli uomo e artista. Se poi chi scriveva era la fedele sorella, sacerdotessa del culto del corpo mistico del poeta, ogni approccio critico o quanto meno eterodosso non poteva che essere bandito.
Dopo la morte di Giovanni, è plausibile che Maria si fosse messa alacremente al lavoro: parti di corrispondenze intrattenute con gli amici più fidati attestano che, per esempio all’altezza del 1916, le memorie avevano già iniziato a prendere forma, tanto che nella cerchia dei confidenti più stretti se ne parlava come di opera necessaria e imminente.
Ma bisognerà aspettare che Pascoli, per quanto post mortem, diventi un autore Mondadori (1930), perché ciò che Maria aveva scritto esca fuori dal ristretto ambiente familiare: è infatti Arnoldo Mondadori che, prendendo come suo punto di impegno quello di rivitalizzare e incentivare gli studi pascoliani tramite la pubblicazione delle opere, avverte l’esigenza di dare alle stampe una biografia del poeta, idea che prende forma già in piena guerra mondiale, tra il ’41 e il ’42.
È così che Augusto Vicinelli (futuro curatore e integratore delle memorie), per conto dell’editore, il 3 gennaio 1942 busserà alla porta di Maria, e in quell’occasione lei gli mostrerà tre quadernetti che andava componendo sulla vita del fratello, di cui il primo già compiuto. Dalle relazioni di Vicinelli apprendiamo che il primo quaderno constava di circa 150 cartelle comprendenti notizie sulla giovinezza di Pascoli nonché sulle sue prime prove poetiche, mentre gli altri avrebbero proseguito il racconto della sua vita con l’antologizzazione di parti della corrispondenza anche familiare. Da un punto di vista di scansione cronologica, il primo volumetto riguardava il periodo 1855-1882, il secondo quello 1882-1897, e il terzo sarebbe arrivato fino alla morte.
Purtroppo quel famoso primo quaderno non giungerà fino a noi, giacché andrà perduto nei bombardamenti che distruggeranno la tipografia torinese cui era affidata la stampa del manoscritto. Allora Maria, pur molto anziana (quasi ottantenne) e pur credendo che quella distruzione fosse quasi una punizione divina per la sua superbia nell’aver tentato, lei illetterata, tale impresa letteraria, si rimise pazientemente al lavoro per cercare di riscrivere quello che aveva già scritto sulla base di ciò che ne tratteneva nella memoria, e portare a termine quello che ancora mancava.
Il manoscritto che qui viene presentato è quello che oggi possediamo, l’autografo che Maria riuscì a lasciare prima della sua morte, avvenuta il 5 dicembre 1953: la prima parte dalla nascita alla laurea (1882), la seconda parte dalla laurea fino al 1895, la terza, invece, che risulta compiuta solo fino al 1897. Da qui riprende l’integrazione di Vicinelli, mentre forse risalente al 1936 è l’ultimo capitolo, dedicato alla morte di Giovanni.
L’edizione a stampa, dal titolo Lungo la vita di Giovanni Pascoli, vedrà la luce nel 1961: per dovere di informazione e scrupolo di completezza si segnala come il lavoro di Vicinelli non sia consistito solo nel completamento del racconto di vita, ma anche nella revisione, correzione ed espunzione effettuate sul manoscritto su cui era caduta la stanca mano di una Maria ormai novantenne.