Maria Pascoli, a lungo relegata nel ruolo di nume tutelare e vestale della memoria del fratello, dedicò particolare attenzione alle di lui carte, silenziose e parlanti depositarie non solo di un’intera opera poetica ma di tutta una vita. L’oggetto che interessa però questa trattazione non è l’archivio di Giovanni, bensì quello di Maria Pascoli stessa.
L’archivio di Maria è rimasto per lungo tempo in secondo piano, tanto che lo stesso Donadoni, nell’inventario redatto, poco si curò delle carte della candida soror, giudicandole di: “scarsa importanza (…) nei confronti dell’opera e della persona del fratello (…); i riferimenti al poeta non hanno significati particolari, né possono suscitare interesse di studio o di ricerca”. Queste parole troverebbero conferma già nella scarsa attenzione che l’archivio di Maria sembra aver ricevuto, non tanto da Donadoni, ma da Maria stessa. Le sue carte appaiono infatti prive di quella sistematicità e organizzazione che ella diede all’archivio di Giovanni, probabilmente perché lei per prima non considerava utile, ai fini del proprio lavoro di costruzione della memoria del fratello, trattarle con i medesimi criteri con cui prese in mano l’archivio di lui.
Lo studio di queste carte, di conseguenza, è stato sino ad oggi reso difficoltoso dallo stato di ordinamento e dalla mancanza di idonei strumenti descrittivi del fondo.